Il Ventennio

Tipologia Tema
[VUOTO]

Descrizione

“Le scolaresche d’Italia si facciano iniziatrici dell’attuazione di una idea nobilissima e pietosa: quella di creare in ogni città, in ogni paese, in ogni borgata, la Strada o il Parco della Rimembranza. Per ogni caduto nella grande guerra, dovrà essere piantato un albero”.
Così recitava la circolare che il Sottosegretario alla Pubblica Istruzione Dario Lupi indirizzò ai Provveditorati nel dicembre del 1922, e già in queste poche righe si può notare l'utilizzo della retorica fascista riscontrabile in tanti dei documenti acquisiti e relativi al Ventennio; dietro alla facciata di giusta volontà di ricordare i caduti si cela probabilmente l'impronta politica del governo in carica (il primo governo Mussolini) in materia scolastica, volta all'educazione delle giovani generazioni, affinché sin da subito conoscessero il “sentimento dell’Amor patrio che si spinge fino all’estremo sacrificio e il culto dell’Eroe che si immola coraggiosamente per il bene comune”.
Di fatto il regime fascista si appropria della commemorazione di avvenimenti, luoghi e personaggi legati alla Grande Guerra, non solo per propaganda politica ma anche per l'enorme consenso popolare che accompagnava queste decisioni, in un circolo di esaltazione militare che si auto-alimentava senza sosta.
Anche a Mantova, dove ancora nel 1919 il Partito Socialista governava in molti dei Comuni, si diffondono nel giro di pochissimi anni squadrismo e prodromi di quel fascismo che va sempre più definendosi come corrente e soggetto politico: il 16 giugno 1921 l'Amministrazione socialista viene costretta alle dimissioni e, passata una breve parentesi di commissariamento prefettizio, i fascisti guadagnano, nel 1923, tutti i seggi del Consiglio Comunale. Gli organi elettivi vengono soppressi – con le leggi fascistissime del 1926 – e il potere che prima era nelle mani di sindaci, giunta e consiglio comunali, passa in toto al Podestà (il primo, a Mantova, fu Gino Maffei).
La città si trova così interessata da una grande azione di risanamento, demolizione e allargamento dell'edificato verso l'esterno, soprattutto di carattere residenziale. Esempio ne è la zona del Tigrai, dove furono costruite le casette popolarissime destinate a quei cittadini, per lo più poveri o nullatenenti, non più compatibili con il decoro che si confaceva al rinnovato centro cittadino, di cui si fa menzione anche nel Piano regolatore generale interno del 1921 che documenta appunto le “proposte di nuove arterie stradali a risanamento delle zone centrali della città”. Come afferma Claudia Bonora Previdi in Mantova, 1866 – 2016, “si delinearono definitivamente le direttrici per l'allargamento e la creazione di nuove strade e l'espansione e lo sviluppo della città in direzione sud e sud-ovest; prendeva così avvio quel processo insediativo che si sarebbe concluso solo negli anni Sessanta del Novecento”.
A tal proposito, legando insieme espansione cittadina e discorso iniziale sulla propaganda della Grande Guerra, conviene ricordare la Deliberazione del Commissario Prefettizio Basso, 13 ottobre 1927, nella quale vengono assegnati alle nuove vie e piazze i nomi di Antonio Gioppi, Piave, Isonzo, Monte Grappa, Vittorio Veneto, XXIV Maggio, Montello, PasubioGorizia, Oslavia e Sabotino.
Le denominazioni durante il Ventennio non si limitano però alla sola Prima guerra mondiale, per quanto sovente comunque legate all'esaltazione di “gesta e azioni gloriose”: con una delibera del 25 aprile 1936 il Podestà – “considerato che, mentre in Africa orientale le nostre gloriose legioni stanno vittoriosamente combattendo, servendo l'Italia e la civiltà, si rende doveroso ricordare i pionieri dell'azione italiana nelle lontane ambe africane” – decide di onorare la memoria di Maurizio Sacchi, Carlo Cocastelli e Gaetano Benzoni, esploratori che persero la vita tra l'Africa e l'Arabia.
Chiaramente talune denominazioni o modifiche sono di matrice prettamente politica, normale rispecchiamento dello spirito dei tempi che spesso l'odonomastica ha rappresentato; basti pensare alla sorte toccata a via Bertani: a Giuseppe Bertani, sindacalista ucciso nel 1919, viene intitolata nel 1920 la via che si chiamava allora Tubo, ma due anni più tardi, l'8 novembre del 1922, una deliberazione del Commissario Prefettizio Saporiti recita: "Ritenuto che è doveroso non tardare oltre ad eternare il nome di coloro che per la Patria hanno compiuto con sereno cosciente eroismo il massimo olocausto (...) Ritenuto che l'attuale denominazione della via Tubo non risponde ad alcuna tradizione radicata nell'animo della nostra popolazione; ritenuto la inderogabile necessità di dare una denominazione più consona alle odierne correnti del pensiero (...)", stabilendo di conseguenza che la denominazione di via Tubo venga sostituita con quella di via Edoardo Meazzi, tenente dell'esercito che perse la vita a Fiume. Non si fa menzione della intitolazione precedente a Bertani, riferendosi unicamente al vecchio odonimo via Tubo, quasi a voler del tutto cancellare la sua figura dalla memoria.
Curioso e simile è poi il caso locale della intitolazione “dal basso” di piazza Impero, che va ad intrecciarsi con quelli che sono gli odonimi dedicati a personaggi attivi durante il Ventennio: in una seduta del 16 agosto del 1926, la Giunta, "in omaggio al nuovo spirito italiano" delibera di "radiare dall'elenco delle strade e piazze pubbliche di Mantova la Piazza Felice Cavallotti che conserverà frattanto la vecchia denominazione di Piazza Leona e si riserva di intitolare la predetta località a nome, avvenimento o simbolo da stabilirsi con le Superiori Gerarchie". L'occasione si presenta nel 1940, alla morte del politico e militare Italo Balbo, non prima che, una notte del 1933, ignoti togliessero la targa che rappresentava l'effigie del Cavallotti (strenuo oppositore dell'autoritarismo) e al suo posto applicassero un cartello con la dicitura Piazza Impero.
Subito dopo la fine del regime, avvenuta formalmente il 25 luglio 1943, si mette in moto la macchina amministrativa al fine di modificare le tracce del recente passato, tanto che il 3 agosto 1943 il Prefetto scrive una circolare a Podestà e Commissari Prefettizi, pregandoli "di provvedere con urgenza a sostituire le denominazioni delle vie e piazze che ricordino in qualunque modo il cessato regime fascista".

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